Quando si tratta di pubblicare foto di minori che hanno meno di 14 anni, occorre sempre la preventiva approvazione sia del padre che della madre.
La giurisprudenza più recente ribadisce il diritto dei figli a non essere sovraesposti mediaticamente, in quanto il ritratto fotografico è un dato personale e la sua diffusione costituisce un’interferenza nella vita privata dei bambini stessi.
Nel caso dei minori vi è una tutela privilegiata sul diritto costituzionalmente rilevante all’immagine e alla riservatezza proprio perché loro sono meno coscienti dei rischi, delle conseguenze e dei loro diritti sul trattamento dei dati personali. La dignità del minorenne prevale sempre su qualsiasi criterio o motivo della pubblicazione.
Anche nelle foto di classe, in pubblicità e in televisione, occorre che entrambi i genitori firmino una liberatoria.
Tale divieto deve essere rispettato da tutti: da entrambi i genitori (se uno dei due non autorizza, l’altro non può pubblicare), dai familiari (nonni, zii, ecc.), dai docenti, dai titolari di associazioni e attività creative (come scuola calcio, di danza, di canto, ecc.), dai reporter e giornalisti, i quali devono anche valutare l’utilità sociale del servizio da divulgare sui mezzi di comunicazione.
Tuttavia, prestare il consenso a scattare una foto non significa autorizzarne anche la pubblicazione, ma ci vorrà un’apposita autorizzazione. Se ad esempio ad una festa un bambino posa insieme ai compagni di classe dietro la torta di compleanno, il genitore del festeggiato non può poi postare lo scatto su Facebook o Instagram senza il permesso dei genitori di tutti gli interessati. Anche annunciare sui social la nascita del figlio riportando dati sensibili, come il nome e la data di nascita, espone il bambino al rischio di furto d’identità.
Chi pubblica foto di minori con meno di 14 anni senza il consenso di entrambi i genitori commette reato e può essere punito con la reclusione da 6 mesi fino a 3 anni, ed è tenuto a risarcire i danni al minore.
Spetta al giudice determinare l’entità del risarcimento sulla base di fattori come visibilità del minore; esposizione al rischio; pubblico che ha accesso alla foto; durata del tempo di pubblicazione della foto.
Anche in caso di rimozione a posteriori della foto, il risarcimento del danno va comunque garantito, trattandosi di una lesione alla riservatezza dei minori.
Sia l’azione penale (consistente nel deposito della querela presso polizia, carabinieri o Procura della Repubblica) che l’azione civile per il risarcimento del danno (consistente nella causa in Tribunale) devono essere portate avanti dai genitori, che devono incaricare l’avvocato e fornirgli il mandato. La richiesta di risarcimento del danno può essere presentata o nel corso del giudizio penale, attraverso la costituzione di parte civile, o con un autonomo giudizio civile. Si può anche preferire per la sola causa civile, senza necessariamente depositare querela.
I soldi del risarcimento, determinati dal Giudice, vengono incassati dai genitori che devono usarli solo nell’interesse esclusivo del figlio stesso. Il Giudice, infatti, potrebbe anche imporre loro di aprire un conto deposito per un periodo prestabilito.
In conclusione, per prevenire un reato di questo tipo, oltre a non pubblicare le foto di minori senza il consenso di entrambi i genitori, è opportuno oscurare i volti rendendoli irriconoscibili attraverso la sfocatura e la pixellatura, oppure anche apponendo delle emoji.
Il GDPR n. 679/2016 ha fissato a 14 anni l’età del consenso per la pubblicazione delle foto. Dopo i 14 anni i giovani adolescenti, anche se ancora minori, possono scegliere liberamente di aprire un proprio profilo social, pubblicare foto personali o autorizzare terzi a farlo.